martedì 1 settembre 2015

i 100 uomini del colonnello Spina

col. Giuseppe Spina

 

cento carabinieri contro la ’ndrangheta, selezionati e guidati da Giuseppe Spina

La VI Sezione Penale della Cassazione ha confermato in data 8 giugno 2014 pressoché tutte le condanne ai 92 imputati del processo "Infinito", il più importante processo alla ’ndrangheta di sempre condotto dalla Procura di Milano a carico delle ’ndrine radicatesi a Pioltello e in tutta la Lombardia.  Per Alessandro Manno, ritenuto responsabile della locale di Pioltello (all'epoca domiciliato in Via Messina a Limito), rimane la condanna a 15 anni e tre mesi di reclusione. Le condanne più significative sono state confermate anche per Cosimo Barranca, capo della locale di Milano (12 anni), e Vincenzo Mandalari, capo della Locale di Bollate (12 anni e 8 mesi).

Subito dopo la sentenza, il colonnello Giuseppe Spina, ex comandante del Gruppo di Monza dei carabinieri (oggi comandante provinciale a Brescia), ha chiamato al telefono ognuno dei Carabinieri che hanno lavorato con lui in una delle inchieste più dure e innovative mai effettuate contro la ’ndrangheta.

Coordinati dal colonnello Spina, i cento Carabinieri per quasi tre anni hanno rinunciato alle proprie vite private,  spesso accampati per giorni e per mesi in camper e furgoni in decine di città e paesi della Lombardia. L’operazione Infinito ha portato a 160 arresti solo in Lombardia e oltre 300 in tutta Italia, con beni sequestrati per un valore di 52 milioni di euro.

Una squadra di un centinaio di uomini scelti con cura fra il Nucleo investigativo e le 52 stazioni del Gruppo (in prima linea la nostra di Pioltello e in particolare il mar. Aldo De Tommaso),
ha partecipato sotto copertura a funerali di boss e affilliati in Calabria, ha registrato oltre 2,5 milioni di conversazioni grazie a 119 dispositivi ambientali e 700 linee telefoniche sotto controllo. Le conversazioni da decifrare erano per oltre due terzi in stretto dialetto calabrese, ascoltate e riascoltate più volte.






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arrestati dai CC di Monza

Se Monza e la Brianza hanno scoperto, in questi anni tormentati, cos’era lo strapotere della criminalità organizzata (’ndrangheta soprattutto) e quanto fosse penetrata nel tessuto politico, sociale ed economico di questa terra, lo si deve in gran parte a lui. Sarà difficile dimenticare il colonnello Giuseppe Enzio Spina, classe 1962, una moglie e un figlio cresciuto in Brianza. L’alto ufficiale dell’Arma, che negli ultimi sette anni ha guidato il Gruppo di Monza dei Carabinieri, lascia Monza nel luglio 2013 per guidare un comando prestigioso, quello provinciale di Brescia.
Siciliano di origine ma nativo di Novara, Giuseppe Enzio Spina aveva guidato la Compagnia dei carabinieri di Palermo nel periodo caldo fra il 1991 e il 1995, prima di andare a svolgere incarichi al reparto operativo di Milano e all’ufficio del personale ufficiali del comando generale dell’Arma di Roma.

Arrivato a Monza nel settembre del 2006, aveva messo in fila una serie di operazioni di straordinario valore contro la criminalità organizzata. Con "Sunrise" aveva messo per la prima volta le mani negli affari della ’ndrangheta a Giussano e dintorni. Con l’operazione "Isola" nel 2009 aveva scoperchiato l’intreccio di malaffare che consentiva alla sconosciuta famiglia dei Paparo di Brugherio di mettere le mani in settori importanti dell’economia come il movimento terra, gli appalti per l’Alta Velocità ferroviaria e la quarta corsia dell’autostrada A4, facendo da "trait d’union" fra cosche storicamente rivali come quelle dei Nicoscia e degli Arena. Ma è con l’operazione "Infinito" (copyright dello stesso Spina e del sostituto procuratore di Monza Salvatore Bellomo) che i carabinieri mettono a segno il loro capolavoro: in tutta Italia vengono effettuati oltre trecento arresti, 160 dei quali in Lombardia e una cinquantina dei quali nella sola Brianza. L’Italia scopre che la ’ndrangheta ha preso pieno possesso di questa regione, una delle più ricche del Paese. 






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