giovedì 15 febbraio 2018

primo intervento pubblico


Primo intervento pubblico del neo Comandante Generale

14 febbraio 2018  -  In occasione dell'inaugurazione dell’anno accademico della Scuola ufficiali dei Carabinieri, a Roma, abbiamo assistito al primo intervento pubblico del nuovo comandante dell’Arma, generale Giovanni Nistri.

Il generale ha parlato della percezione di sicurezza tra i cittadini, condizionata “dalle insidie del terrorismo e della criminalità di strada”, denunciando poi “una gratuita aggressività che dilaga in tutti gli ambienti sociali; persino la famiglia appare meno attrezzata a mitigare la conflittualità”.
 

Riguardo l'operatività dell'Arma, oltre alle 3507 unità arruolate nel 2017 e alle 2155 previste nel prossimo quinquennio, Nistri ha citato il potenziamento del Ros a Foggia e Catanzaro e l’imminente costituzione dello Squadrone eliportato “Cacciatori di Puglia”, che sarà basato nell'aeroporto militare di Amendola (tra Foggia e Manfredonia).  Questo reparto si aggiunge a quelli dei Cacciatori di Calabria, Sicilia e Sardegna e conferma la maggiore attenzione alle province della Puglia dopo i recenti gravi episodi di criminalità organizzata.
cacciatori di Sicilia

Siccome “la sicurezza non ha prezzo, ma ha un costo”, il Comandante Generale ha dovuto precisare che siamo ancora in un periodo di tagli e risparmi, anche attraverso il piano di razionalizzazione dei presidi con il Dipartimento di PS, a Roma e in altre 13 città metropolitane. Ha quindi confermato la concentrazione della Polizia nelle città e dei Carabinieri fuori dalle aree urbane, come prevista dalla riforma del ministro Madia.

"La complessità della situazione" - ha spiegato il generale Nistri - "sollecita l'Arma a verificare costantemente le proprie capacità, trovando solido ancoraggio nella capillarità del dispositivo territoriale, nelle scelte di specializzazione e nella coordinata sinergia con le altre Forze di polizia".

In conclusione il generale Nistri ha voluto ripetere ai giovani Ufficiali Allievi il concetto di responsabilità individuale e collettiva che aveva già espresso il mese scorso: “se c’è un impegno che riassume tutta la missione del Carabiniere, questo impegno è alimentare la fiducia nello Stato (...) l’Arma custodisce la fiducia degli Italiani, perché vi corrisponde con l’esemplarità della condotta ... ciascuno di voi, in ogni realtà, in ogni circostanza, impersonerà tutto questo, rappresentando molto più di sé stesso”.

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giovedì 8 febbraio 2018

il ministro per il nuovo comando compagnia

il progetto di ampliamento della caserma

Pioltello, 8 febbraio 2018
La senatrice Roberta Pinotti, Ministro della Difesa, ha visitato la nostra città per parlare di problematiche relative alla sicurezza e all'integrazione degli stranieri. Ha esaminato inoltre i piani di ampliamento della caserma dell'attuale Tenenza dei Carabinieri.

L'ampliamento è necessario per il trasferimento del comando di compagnia, e quindi anche degli uomini e dei mezzi del NORM, da Cassano d'Adda.


Il ministro Pinotti ha incontrato i nostri amici Carabinieri presso la Tenenza e ha visitato il comando della Polizia Locale.
Assieme al sindaco Ivonne Cosciotti, ha poi camminato per le strade del quartiere "Satellite", soffermandosi a parlare con alcuni residenti.

"La sicurezza è un’esigenza primaria della gente" ha affermato il ministro, "per cambiare la percezione dei cittadini ci vuole un presidio costante del territorio; la sicurezza significa libertà, è un diritto di tutti".
Parlando dell'Arma, Roberta Pinotti ha precisato che: "i Carabinieri sono un elemento essenziale, ho fatto l’amministratore locale e so quanto sia fondamentale stabilire sinergie efficaci; per questo, il Governo ha cercato di non chiudere nessuna postazione e di investire sul personale per rendere più efficace l’azione di prossimità delle forze dell’ordine".

Sotto, il ministro Roberta Pinotti mentre passa in rassegna la sfilata al termine del raduno ANC a Milano, nel giugno 2016 :




giovedì 1 febbraio 2018

chiesti 15 anni di carcere per il generale


riportiamo un articolo di Massimo Bordin del 27 gennaio 2018

 

Chiesti 15 anni per il generale Mario Mori, servitore dello Stato

Più che la pesantezza della pena richiesta dalla procura di Palermo per Mario Mori, a far riflettere è il giudizio della pubblica accusa


Può colpire la pesantezza della pena, 15 anni di reclusione, appena uno in meno di quelli richiesti per Leoluca Bagarella, feroce pluriassassino oltre che capomafia, ma quello che deve fare davvero riflettere nella richiesta della procura di Palermo nei confronti del generale Mario Mori è il giudizio che la pubblica accusa ha fissato, nella sua fluviale requisitoria, a proposito della più importante operazione guidata dall’allora capo operativo del Ros dei Carabinieri.

La cattura di Riina, ovvero la risposta dello Stato alla sfida sanguinaria delle stragi di Capaci e via D’Amelio, diventa nella narrazione dei magistrati palermitani “una tessera di un puzzle che gronda sangue”, un pilastro di una costruzione infame. Questo ha detto ieri, nella sua conclusione il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, questo ha articolato nel suo ultimo intervento il pm Antonino Di Matteo.

L’arresto del capo dei corleonesi diventa una vittoria della mafia, un passaggio decisivo di una trama ordita dai criminali in combutta con lo Stato, un remake del caso del bandito Giuliano come se da allora nulla fosse cambiato nella storia del nostro paese e nei rapporti fra mafia e politica.


Una ricostruzione storicamente assurda e giudiziariamente temeraria, visto che per affermarla in sentenza si dovrebbero ribaltare cinque sentenze che l’hanno smentita nei suoi punti chiave. 
E’ improbabile che si arrivi a un esito del genere ma è innegabile che sarebbe figlio dei tempi che stiamo vivendo, uno zeitgeist che gli iniziatori della inchiesta, i pm Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato, hanno contribuito a costruire nel corso degli anni. Un complicato escamotage procedurale fa sì che a giudicare sia, insieme ai togati, una giuria popolare che potrebbe incarnare lo spirito del tempo a dispetto delle risultanze processuali che nulla hanno portato alle tesi dell’accusa.  E’ l’unico rischio che corre la difesa. 

fonte: www.ilfoglio.it


Vedi anche:
articolo del 2014 sul generale Mario Mori